Ricorso con istanza di sospensione ai sensi  dell'art.  35  della
legge  n.  87/1953  del  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato  (codice
fiscale 80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via
dei     Portoghesi,     12      (fax      06.96514000      e      PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it); 
    Nei confronti della Regione Sicilia, in  persona  del  Presidente
pro-tempore, con sede in Palermo, Piazza Indipendenza, 21  -  Palazzo
d'Orleans cap 90129; 
    per la dichiarazione della  illegittimita'  costituzionale  della
legge della Regione Sicilia dell'11 agosto 2017,  n.  17,  pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Regione Sicilia 1° settembre 2017,  n.
36, S.O. n. 1, recante: «Disposizioni in materia di elezione  diretta
del Presidente del libero Consorzio  comunale  e  del  Consiglio  del
libero Consorzio comunale nonche' del  Sindaco  metropolitano  e  del
Consiglio metropolitano», con riguardo agli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7
e al correlato art. 5. 
    1. Con la legge regionale n. 17/2017,  la  Regione  Sicilia  reca
disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero
consorzio comunale e del  Consiglio  del  libero  consorzio  comunale
nonche' del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano. 
    La legge in parola si articola in una serie di  disposizioni  che
modificano la legge 4 agosto 2015, n. 15, con cui la Regione  Sicilia
ha introdotto norme di disciplina generale dei  Consorzi  comunali  e
delle Citta' metropolitane. 
    Il Titolo I della legge  n.  15/2015,  infatti,  ha  istituito  i
liberi Consorzi comunali suddividendoli in due  categorie:  la  prima
costituita  dai  territori  delle  ex  province   di   Caltanissetta,
Agrigento,  Enna,  Ragusa,  Siracusa  e  Trapani  e  dai  comuni  ivi
ricompresi; la seconda, costituita  dalle  Citta'  Metropolitane  che
coincidono con il territorio delle ex province di Palermo, Catania  e
Messina e comprendono i comuni in ciascuna di esse situati. 
    In  sostanza,  le  Citta'  metropolitane  sono  liberi   Consorzi
comunali che coincidono con le  ex  province  regionali  di  Palermo,
Catania e Messina, e ricomprendono tutti i comuni  dei  territori  ex
provinciali, mentre le altre ex province regionali sono trasformate -
ciascuna con il rispettivo territorio - in liberi  Consorzi  comunali
«semplici», anch'essi comprendenti i loro comuni. 
    Gli uni e  gli  altri  sono  dalla  legge  regionale  n.  15/2015
definiti «enti  territoriali  di  area  vasta,  dotati  di  autonomia
statutaria, regolamentare, amministrativa, impositiva e  finanziaria»
(art. 1, comma 3) nell'ambito dei propri statuti - che ciascuno  deve
adottare - e regolamenti, delle leggi regionali e delle leggi statali
di coordinamento della finanza pubblica. 
    Le modifiche introdotte dalla legge regionale n. 17/2017 incidono
specialmente sul Capo II  del  Titolo  I  dalla  legge  regionale  n.
15/2015 che individua all'art.  4  gli  organi  dei  liberi  Consorzi
comunali (il Presidente, il Consiglio e l'Assemblea) e ne  disciplina
il funzionamento (articoli 5, 7-bis e 8). Sono  altresi'  individuati
(art. 11) e regolati in tutti i loro aspetti gli organi delle  Citta'
metropolitane  (il  Sindaco  metropolitano,   il   Consiglio   e   la
Conferenza; cfr. articoli 12, 14-bis e 15). 
    La  legge  regionale  n.  17/2017,  impugnata  nella  seduta  del
Consiglio dei ministri del 13 ottobre 2017, apporta dunque  modifiche
alla legge n. 15/2015 recante  «Disposizioni  in  materia  di  liberi
consorzi  comunali   e   Citta'   metropolitane»,   e   fa   rivivere
sostanzialmente  alcune  delle  disposizioni   gia'   censurate   con
precedente impugnativa dello Stato e successivamente modificate dalla
Regione con numerosi interventi legislativi (n. 28/2015,  n.  5/2016,
n.  8/2016,  n.  15/2016,  n.  23/2016),  i  quali  hanno   novellato
profondamente la citata legge, adeguandosi  ai  rilievi  governativi.
Tant'e' vero che, a fronte delle modifiche  legislative  intervenute,
codesta Ecc.ma Corte, con la sentenza n. 277 del 2016, ha definito il
precedente  ricorso  statale  dichiarando  cessata  la  materia   del
contendere. 
    2. La legge regionale in esame incide  su  una  materia  che  gli
articoli 14,  comma  1,  lettera  o)  e  15  dello  Statuto  speciale
attribuiscono alla competenza esclusiva della  Regione  siciliana  in
materia di «regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative»
nonche' in materia di «circoscrizione, ordinamento e controllo  degli
enti locali». Non va dimenticato, inoltre, che l'art.  15,  comma  2,
dello Statuto prevede che «L'ordinamento degli enti  locali  si  basa
nella Regione stessa sui  comuni  e  sui  liberi  Consorzi  comunali,
dotati della piu' ampia autonomia amministrativa e finanziaria». 
    L'art. 117, comma  2,  lettera  p)  della  Costituzione,  d'altra
parte, attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in  materia  di
legislazione elettorale, organi di Governo e funzioni fondamentali di
comuni, province e citta' metropolitane. 
    Nella delicata e dibattuta materia del riordino delle province  e
dell'istituzione delle Citta' metropolitane, lo Stato  ha  esercitato
tale competenza emanando la legge 7 aprile 2014 n. 56, cui le regioni
sono tenute ad adeguarsi. Ai fini dell'adeguamento, la  stessa  legge
ha introdotto due  «clausole  di  salvaguardia»  per  le  regioni  ad
autonomia speciale. 
    La prima e' richiamata nell'ultima parte dell'art.  1,  comma  5,
ove si precisa che la  disciplina  dettata  per  le  Citta'  ed  aree
metropolitane  rappresenta  una  disciplina  di  principi  di  grande
riforma economica e sociale,  alla  quale  le  regioni  speciali  (in
particolare: Sardegna, Sicilia e Friuli-Venezia Giulia)  si  adeguano
in conformita' ai relativi statuti. 
    La seconda clausola, di carattere piu' generale, e' contenuta nel
comma 145, che individua un termine di  dodici  mesi  per  le  citate
regioni a statuto speciale, affinche' adeguino i  propri  ordinamenti
interni ai principi della legge n. 56/2014. 
    La clausola di cui al citato comma 145, per la Regione Siciliana,
prevede l'adeguamento ai principi della legge  n.  56/2014  senza  il
richiamo alla  compatibilita'  con  lo  Statuto  e  successive  norme
attuative.  Appare  dunque  necessitato  per   la   Regione   Sicilia
l'adeguamento ai «principi» (e non certo alle «norme puntuali») della
legge statale che realizza  una  «significativa  riforma  di  sistema
della geografia istituzionale  della  Repubblica,  in  vista  di  una
semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali». 
    Codesta Ecc.ma Corte, del resto, con la sentenza n. 50  del  2015
ha confermato che «la normativa in  esame  costituisce  principio  di
grande riforma economica e sociale per le Regioni a statuto speciale,
ai sensi del comma 5, ultimo periodo,  dell'impugnato  art.  1  della
legge n. 56 del 2014»; affermazione quest'ultima gia' scolpita  nella
sentenza n. 265/2013 che chiarisce come la competenza esclusiva delle
regioni a Statuto speciale  trovi  limite  nelle  norme  fondamentali
delle riforme economico-sociali della Repubblica. 
    La  legge  n.  56  del  2014  delinea  un  quadro   istituzionale
articolato su tre organi e individua: nel sindaco metropolitano - che
e' di diritto il sindaco del comune capoluogo - l'organo  monocratico
con  funzioni  di  rappresentanza  e  con  responsabilita'   per   lo
svolgimento delle  funzioni  e  l'esecuzione  degli  atti  imputabili
all'ente; nel consiglio metropolitano l'organo ad elezione  indiretta
con  funzioni  di  indirizzo  e  di  controllo,  con   poteri   anche
deliberativi; nella conferenza metropolitana  l'organo  composto  dai
sindaci dell'area metropolitana con poteri propositivi e consultivi e
di deliberazione in ordine allo statuto. 
    L'elezione diretta del sindaco metropolitano e del  consiglio  e'
subordinata a precise condizioni, tra cui la previa articolazione  in
comuni   del    territorio    metropolitano    a    garanzia    della
rappresentativita' dei territori. 
    Orbene, come appresso piu' dettagliatamente specificato, la legge
regionale denunciata, introducendo l'elezione diretta del  Presidente
del libero consorzio comunale e del Consiglio  del  libero  consorzio
comunale  nonche'  del  Sindaco   metropolitano   e   del   Consiglio
metropolitano, deroga ai principi fondamentali introdotti dalla legge
n. 56/2014, in violazione altresi'  dei  principi  costituzionalmente
garantiti di ragionevolezza, uguaglianza e  di  unita'  di  cui  agli
articoli 3 e 5 della Costituzione, oltre che dell'art. 117, comma  2,
lettera p) il quale riserva la competenza  esclusiva  allo  Stato  in
materia di «organi di Governo  e  funzioni  fondamentali  di  Comuni,
Province e Citta' metropolitane». 
    Con riferimento  al  quadro  istituzionale  delineato,  la  legge
regionale sospettata non si adegua ai principi della legge n. 56  del
2014 e, pertanto, e' censurabile in quanto  eccede  dalle  competenze
statutarie di cui agli articoli 14, 15 e 17  dello  Statuto  speciale
della Regione (R.D.Lgs. n. 455/1946). 
    In particolare, la legge della  Regione  Sicilia  dell'11  agosto
2017 n. 17, con riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 1,
2, 3, 4,  6,  7  e  del  correlato  l'art.  5  -  che  dettano  nuove
disposizioni per l'elezione diretta del Presidente, del Consiglio del
libero Consorzio comunale e del Sindaco metropolitano e del Consiglio
metropolitano  e  modificano  sensibilmente   la   disciplina   delle
indennita' connesse alle predette cariche  nonche'  delle  operazioni
elettorali per l'elezione diretta  dei  predetti  organi  contemplata
dall'art. 18 della legge regionale n. 15/2015 - presenta  profili  di
illegittimita' costituzionale e viene quindi impugnata per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1) Articoli 1 e 3 della legge della Regione Sicilia  n.  17/2017,
per violazione dei principi di cui all'art. 1, commi  58  e  seguenti
nonche' 67 e 69 della legge 7 aprile 2014 n. 56,  in  relazione  agli
articoli 3 e 5 nonche' all'art. 117, secondo comma, lettera p)  della
Costituzione e agli articoli 14, 15  e  17  dello  Statuto  regionale
siciliano per contrasto con i principi e  le  norme  fondamentali  di
riforma economico sociale della Repubblica. 
    1.1. L'art. 1 della legge regionale  censurata  (che  sostituisce
l'art. 6 della legge regionale n. 15/2015) e  il  successivo  art.  3
(che  modifica  l'art.  7-bis  della  legge  regionale  n.   15/2015)
prevedono rispettivamente l'elezione a suffragio universale e diretto
del Presidente del libero Consorzio comunale, da parte dei  cittadini
iscritti nelle liste elettorali  dei  comuni  del  libero  Consorzio,
contestualmente  all'elezione  del  Consiglio  del  libero  Consorzio
comunale, anch'esso eletto a suffragio universale e diretto. 
    Tali disposizioni si pongono  rispettivamente  in  contrasto  con
l'art. 1 comma 58 e seguenti  della  legge  statale  n.  56/2014  che
prevede che il presidente della provincia venga eletto dai sindaci  e
dai consiglieri dei comuni della provincia e con l'art. 1,  comma  69
della stessa legge che prevede che  il  consiglio  provinciale  venga
eletto dai sindaci  e  dai  consiglieri  comunali  dei  comuni  della
provincia. 
    La legge n. 56 del 2014, come noto, ha trasformato le province in
enti territoriali «di  secondo  grado»,  e  cioe'  aventi  organi  di
Governo non piu' eletti direttamente dal popolo bensi'  dagli  organi
elettivi dei comuni compresi nella circoscrizione  provinciale.  Piu'
precisamente, per effetto di tale trasformazione l'elettorato  attivo
e passivo e' attribuito ai sindaci ed ai consiglieri dei comuni della
provincia (art. 1, comma 69), mentre l'elezione avviene sulla base di
liste, composte da un numero di candidati non superiore al numero dei
consiglieri  eleggere  e  non  inferiore  alla  meta'  degli  stessi,
sottoscritte da almeno il 5% degli aventi diritto al  voto  (art.  1,
comma 70). 
    Il modello di Governo di secondo grado adottato dalla legge n. 56
del 2014 ha superato il vaglio di costituzionalita' (sentenza  n.  56
del 2014). La normativa statale in  esame  costituisce,  come  detto,
principio di grande riforma economica e  sociale  per  le  Regioni  a
statuto speciale, ai sensi del comma 5, ultimo periodo,  dell'art.  1
della legge n. 56 del 2014.  E  non  vi  e'  dubbio  che  la  Regione
siciliana  nell'esercizio  della  potesta'  primaria  e'  tenuta   al
rispetto delle norme di grande riforma  economico-sociale  (cfr.,  ad
es., le sentenze n. 21 del 1978, n. 385 del 1991 e n. 153 del 1995  e
da ultimo sentenza n. 93 del 2017). 
    Le norme regionali sospettate, nell'introdurre l'elezione diretta
del Consiglio del libero Consorzio comunale  e  del  suo  Presidente,
appaiono in evidente  distonia  con  le  disposizioni  statali  sopra
richiamate,  tanto  da  rivelarsi  inconciliabili  con   il   modello
recentemente varato dal legislatore nazionale per l'istituzione e  la
disciplina dell'ente  territoriale  di  area  vasta  fondate  appunto
sull'elezione di secondo grado degli organi di Governo. 
    Le disposizioni censurate esorbitano, del  resto,  dal  perimetro
della  potesta'  legislativa  esclusiva  riconosciuta  alla   Regione
Sicilia sul regime degli enti locali [art. 14, lettera o) e  art.  15
dello  Statuto];  potesta'   sicuramente   meno   ampia   di   quella
riconosciuta alla Regione in tema di elezioni all'Assemblea regionale
(sentenza n. 162 del 1985 nonche' sentenze n. 20 del 1985  e  n.  189
del 1971). 
    Nel delineare  l'ambito  della  competenza  primaria  legislativa
della Regione  Siciliana,  codesta  Ecc.ma  Corte  ha  precisato  che
attraverso l'esercizio di  quella  potesta'  legislativa,  specie  in
materie   (come   quella   dell'elettorato   passivo)   in   cui   e'
particolarmente avvertito il bisogno di una uniforme  disciplina  per
tutti i cittadini e per tutto il territorio nazionale, la Regione non
puo' dar vita a norme che comportino deroghe, non giustificate e  non
razionali, alla legislazione elettorale statale che sia  conforme  al
dettato della Costituzione e delle leggi costituzionali (sentenza  n.
108 del 1969). 
    Pur  trattandosi  di  un'affermazione  (risalente  ma,  a  quanto
consta, mai smentita) riguardante materia diversa da  quella  che  ci
occupa, vi e' che in essa, a giudizio di questa Difesa, si ritrova un
principio applicabile anche nel caso specie. E'  difficile,  infatti,
negare che le norme censurate contrastano frontalmente con il sistema
di elezione degli organi di vertice degli enti territoriali  di  area
vasta pensato dal legislatore statale poiche'  esse  introducono  una
deroga inconciliabile con il principio di ragionevolezza  uguaglianza
e di unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione. 
    Le norme sospettate,  per  altro  verso,  appaiono  incompatibili
anche con l'art. 117, comma 2, lettera p) della  Costituzione,  norma
che    «indica    le    componenti    essenziali    dell'intelaiatura
dell'ordinamento degli enti locali, per loro natura  disciplinate  da
leggi destinate a durare nel tempo e rispondenti ad esigenze  sociali
ed istituzionali di lungo periodo, secondo le  linee  di  svolgimento
dei principi costituzionali  nel  processo  attuativo  delineato  dal
legislatore statale ed integrato da quelli regionali».  (sentenza  n.
220 del 2013). 
    L'elezione diretta del Consiglio del libero Consorzio comunale  e
del suo Presidente, dunque, si pone in chiara antitesi con il modello
concepito dal legislatore statale, tanto da  negare  uno  dei  tratti
fondamentali  della  riforma  del  2014  che  concepisce   gli   enti
territoriali area vasta come enti rappresentativi di  secondo  grado.
Questi  ultimi,  nell'ordinamento  statale,  devono   quindi   essere
espressione della rappresentativita' diretta e  di  primo  grado  dei
comuni  e  non  del  corpo  elettorale.  Le  disposizioni  censurate,
pertanto, nel prevedere l'elezione diretta degli  organi  di  Governo
del   libero   Consorzio   comunale,   finiscono    per    cancellare
sostanzialmente in Sicilia gli enti  territoriali  di  secondo  grado
violando cosi' le norme e i principi costituzionali sopra citati. 
    1.2. Inoltre, l'art. 3 della legge regionale n.  17/2017  prevede
che il consiglio del  libero  Consorzio  comunale  sia  composto  dal
Presidente del libero Consorzio comunale e da diciotto componenti nei
liberi consorzi con popolazione residente fino a 300.000  abitanti  e
da  venticinque  componenti  nei  liberi  consorzi  con   popolazione
residente superiore a 300.000 ed inferiore a 600.000 abitanti. 
    Tale disposizione contrasta con le previsioni contenute nell'art.
1, comma 67, della legge n.  56/2014  che  espressamente  prevede  un
numero di componenti inferiore: «sedici componenti nelle province con
popolazione superiore a 700.000  abitanti,  dodici  componenti  nelle
province  con  popolazione  da  300.00  a  700.00   abitanti,   dieci
componenti nelle province con popolazione fino a 300.000 abitanti.». 
    Il  semplice  confronto   tra   le   due   disposizioni   disvela
l'ingiustificato  incremento  dei  componenti  del  libero  Consorzio
comunale. 
    Anche sul  punto  si  ravvisa  un'irragionevole  discrasia  della
disciplina regionale che si  risolve  un'inammissibile  maggiorazione
del numero dei componenti dell'organo  di  indirizzo  politico  e  di
controllo dell'ente di area vasta siciliano, discendente dalla scelta
di  affidare  al  popolo  l'elezione  diretta  di   quell'organo   in
violazione  delle  predette   norme   statutarie   e   dei   precetti
costituzionali innanzi richiamati. 
    Le  norme  indicate  in  rubrica,  pertanto,   vanno   dichiarate
costituzionalmente illegittime  sia  nella  parte  in  cui  prevedono
l'elezione diretta del Consiglio del libero Consorzio comunale e  del
suo Presidente sia nella parte in cui alterano  la  composizione  del
Consiglio stesso, con un irrazionale aumento dei soggetti chiamati  a
farne parte, perche' rompono una omogeneita'  politica,  economica  e
sociale che deve essere  assicurata  su  tutto  il  territorio  della
Repubblica,  contravvenendo  ai  principi  fondamentali  di   riforma
contenuti nella legge statale, che pongono un limite alle prerogative
legislative statutarie  regionali,  e  ledendo  anche  la  competenza
legislativa esclusiva dello Stato. 
    Tali disposizioni, in definitiva, ponendosi in  contrasto  con  i
commi summenzionati dell'art. 1  della  legge  n.  56/2014,  eccedono
dalla competenza legislativa riconosciuta alla Regione Sicilia  dagli
articoli 14, comma 1, lettera  o)  e  15  nonche'  17  dello  Statuto
speciale e violano il principio di ragionevolezza  uguaglianza  e  di
unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione  nonche'  l'art.
117, comma 2, lettera p) che riserva  la  competenza  esclusiva  allo
Stato in materia di «organi di Governo  e  funzioni  fondamentali  di
Comuni, Province e Citta' metropolitane». 
    2) Articoli 2 e 4 della legge della Regione Sicilia  n.  17/2017,
per violazione dei principi di cui all'art. 1, commi  19  e  seguenti
nonche' 20, 22 e 25 della legge 7 aprile 2014  n.  56,  in  relazione
agli articoli 3 e 5 nonche' l'art. 117,  secondo  comma,  lettera  p)
della Costituzione  e  agli  articoli  14,  15  e  17  dello  Statuto
regionale  siciliano  per  contrasto  con  i  principi  e  le   norme
fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica. 
    2.1. L'art. 2 della legge regionale  censurata  (che  sostituisce
l'art. 13 della legge regionale n. 15/2015) e il  successivo  art.  4
(che  modifica  l'art.  14-bis  della  legge  regionale  n.  15/2015)
prevedono rispettivamente che il Sindaco  metropolitano  non  sia  di
diritto il sindaco del comune capoluogo ma venga eletto  a  suffragio
universale e diretto dai cittadini iscritti  nelle  liste  elettorali
dei comuni appartenenti  alla  Citta'  metropolitana  contestualmente
all'elezione  del  Consiglio  metropolitano,   anch'esso   eletto   a
suffragio universale e diretto. 
    Tali disposizioni si pongono in frontale contrasto con l'art.  1,
commi  19  e  seguenti,  della  legge  n.  56/2014,   che   prevedono
espressamente che il sindaco metropolitano sia di diritto il  sindaco
del comune capoluogo. L'individuazione del sindaco metropolitano  nel
sindaco del comune capoluogo di provincia, invero, e' stata  ritenuta
anche da codesta Ecc.ma Corte  non  irragionevole  in  considerazione
dell'importanza del comune capoluogo intorno al quale si  aggrega  la
citta' metropolitana e della possibilita' dello statuto di optare per
l'elezione   diretta,    seppure    condizionata    all'articolazione
territoriale del comune capoluogo in piu' comuni (sentenza n. 50  del
2015), in ossequio anche al principio costituzionale di unita' di cui
all'art. 5 della Costituzione. 
    Le norme censurate confliggono altresi' con l'art. 1,  comma  25,
della legge n. 56/2014, che prevede che  il  Consiglio  metropolitano
venga eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni  della
citta' metropolitana. 
    Preme al riguardo sottolineare che anche l'elezione  diretta  del
Sindaco  e  del  Consiglio  metropolitano,  per  come  concepita  dal
legislatore siciliano, rappresentano  una  palese  antinomia  con  il
modello statale. 
    Le norme censurate,  da  un  lato,  introducono  un'inammissibile
deroga alla  scelta  del  legislatore  statale  -  espressa  con  una
normativa che costituisce principio di  grande  riforma  economica  e
sociale per le Regioni  a  statuto  speciale,  -  di  far  coincidere
diritto il sindaco della citta'  metropolitana  con  il  sindaco  del
comune  capoluogo  e,  dall'altro  lato,  finiscono   per   eliminare
l'insopprimibile peculiarita' della riforma del 2014 che individua le
citta' metropolitane come enti rappresentativi di secondo grado. 
    Di qui la violazione delle norme costituzionali in rubrica  [art.
3, 5 e 117, secondo comma, lettera p) Cost.] con il  superamento  dei
limiti della  competenza  legislativa  primaria  della  Regione  come
illustrato al superiore punto 1.1. 
    E' apprezzabile, inoltre,  il  contrasto  delle  norme  regionali
denunciate con l'art. 1, comma 22, della legge n.  56/2014  a  tenore
del quale  lo  statuto  della  citta'  metropolitana  puo'  prevedere
l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano  con  il
sistema elettorale che sara' determinato con legge statale. La  norma
in commento pone, quale condizione necessaria, affinche' si possa far
luogo ad  elezione  del  sindaco  e  del  consiglio  metropolitano  a
suffragio universale, che entro la data di indizione  delle  elezioni
si sia proceduto ad articolare il territorio del comune capoluogo  in
piu' comuni, con deliberazione del consiglio comunale  a  maggioranza
assoluta dei suoi componenti sottoposta  a  referendum  tra  tutti  i
cittadini della citta' metropolitana e  approvata  dalla  maggioranza
dei  partecipanti   al   voto.   E   prevede,   altresi',   che   sia
necessariamente approvata la legge regionale di istituzione dei nuovi
comuni. 
    La norma sopra citata, dunque,  esprime  l'ulteriore  scelta  del
legislatore statale che ha lasciato alla  potesta'  statutaria  della
citta'  metropolitana  (e  non  delle  regione)  la  possibilita'  di
prevedere  l'elezione   diretta   del   sindaco   e   del   consiglio
metropolitano con il sistema elettorale  che  sara'  determinato  con
legge dello Stato e ha dettato una serie di ulteriori condizioni  che
devono osservate per addivenire all'elezione a  suffragio  universale
dei predetti organi. 
    E'  innegabile,  allora   l'ulteriore   contrasto   delle   norme
censurate, che configurano  l'elezione  diretta  del  Sindaco  e  del
Consiglio metropolitano, con la disposizione statale da ultimo citata
anch'essa espressiva  di  principi  di  grande  riforma  economica  e
sociale. 
    2.2. Ancora, l'art. 4 della legge regionale  n.  17/2017  prevede
che il Consiglio metropolitano sia composto dal sindaco metropolitano
e da trenta componenti nelle  citta'  metropolitane  con  popolazione
residente fino a 800.000 abitanti e  da  trentasei  componenti  nelle
citta' metropolitane con popolazione residente  superiore  a  800.000
abitanti. 
    Tale disposizione confligge con le previsioni contenute nell'art.
1, comma 20 della legge  n.  56/2014  che  espressamente  prevede  un
numero di componenti inferiore: «a)  ventiquattro  consiglieri  nelle
citta' metropolitane con popolazione residente superiore a 3  milioni
di abitanti; b) diciotto consiglieri nelle citta'  metropolitane  con
popolazione residente superiore a 800.000 e  inferiore  o  pari  a  3
milioni di abitanti; c) quattordici consiglieri  nelle  altre  citta'
metropolitane.». 
    Dal raffronto delle due  disposizioni  traspare  l'ingiustificato
incremento dei componenti del Consiglio metropolitano. 
    Si ravvisa, anche in questo  caso,  un'irragionevole  discrepanza
tra  la  disciplina  statale  e  quella  regionale  che  si   risolve
un'inammissibile maggiorazione del numero dei componenti  dell'organo
di indirizzo politico e  di  controllo  del  Consiglio  metropolitano
discendente, come si e' visto al superiore punto 1.2.,  dalla  scelta
di  affidare  al  popolo  l'elezione  diretta  di   quell'organo   in
violazione  delle  predette   norme   statutarie   e   dei   precetti
costituzionali innanzi richiamati. 
    Le  norme  indicate  in  rubrica,  pertanto,   vanno   dichiarate
costituzionalmente illegittime  sia  nella  parte  in  cui  prevedono
l'elezione diretta del Sindaco  e  del  Consiglio  metropolitano  sia
nella parte in cui alterano la composizione del Consiglio stesso, con
un irrazionale aumento dei soggetti chiamati a farne  parte,  perche'
anch'esse rompono una omogeneita' politica, economica e  sociale  che
deve essere assicurata  su  tutto  il  territorio  della  Repubblica,
contravvenendo ai principi fondamentali di  riforma  contenuti  nella
legge statale, che pongono un  limite  alle  prerogative  legislative
statutarie regionali,  e  ledendo  anche  la  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    Tali disposizioni, in definitiva, oltre a porsi in contrasto  con
i commi summenzionati dell'art. 1 della legge  n.  56/2014,  eccedono
dalla competenza legislativa riconosciuta alla Regione Sicilia  dagli
articoli 14, comma 1, lettera  o)  e  15  nonche'  17  dello  Statuto
speciale e violano il principio di ragionevolezza  uguaglianza  e  di
unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione  nonche'  l'art.
117, comma 2, lettera p) che riserva  la  competenza  esclusiva  allo
Stato in materia di «organi di Governo  e  funzioni  fondamentali  di
Comuni, Province e Citta' metropolitane». 
    3) Art. 6 della legge  della  Regione  Sicilia  n.  17/2017,  per
violazione dell'art. 1, commi 24 e 84 della legge 7  aprile  2014  n.
56, in relazione agli articoli 3 e  5  nonche'  all'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione e agli articoli 14, 15 e 17  dello  Statuto
regionale  siciliano  per  contrasto  con  i  principi  e  le   norme
fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica  e  con  i
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. 
    L'art. 6 della legge regionale n. 17/2017 (che sostituisce l'art.
20 della legge regionale n. 15/2015) individua le indennita'  per  le
cariche di Presidente del libero Consorzio comunale e per il  Sindaco
metropolitano, mentre i componenti del Consiglio del libero consorzio
comunale e del Consiglio metropolitano esercitano le loro funzioni  a
titolo gratuito. 
    Al riguardo, si fa presente che la predetta norma  contrasta  con
la disciplina di cui all'art. 1,  commi  84  e  24,  della  legge  n.
56/2014, secondo cui gli incarichi di presidente della provincia,  di
consigliere provinciale e di componente  dell'assemblea  dei  sindaci
ed, altresi', di sindaco metropolitano, di consigliere  metropolitano
e di componente della  conferenza  metropolitana  sono  esercitati  a
titolo gratuito. 
    Cio' posto, l'articolo in  esame  non  appare  in  linea  con  la
vigente normativa nazionale in materia di razionalizzazione dei costi
degli enti locali, tenuto conto  che  la  gratuita'  degli  incarichi
espletati in applicazione dell'art. 1, commi 84 e 24, della legge  n.
56/2014 persegue l'obiettivo di ridurre la  spesa  pubblica  corrente
per il funzionamento degli organismi di  area  vasta  attraverso  una
disciplina uniforme. 
    La disposizione censurata si pone, altresi', in contrasto con  il
comma  terzo  dell'art.  117  della  Costituzione,  nell'ottica   del
coordinamento  della  finanza  pubblica,  cui  la  Regione,  pur  nel
rispetto della sua autonomia, non puo' derogare. 
    La disciplina regionale in commento, dettata per le indennita' da
riconoscere a chi ricopre le cariche in parola, non e' in  linea  con
la vigente normativa nazionale in materia  di  razionalizzazione  dei
costi degli enti locali. Va rilevato, infatti,  che  uno  degli  assi
portanti anche sul piano politico della  nuova  organizzazione  degli
enti locali - province e citta' metropolitane -  ed  uno  dei  motivi
addotti a favore della elezione indiretta dei rispettivi  organi,  e'
appunto la gratuita' delle relative cariche. 
    Gratuita', si ricorda, che si giustifica anche e soprattutto  con
il fatto  che  i  titolari  di  incarichi  elettivi  indiretti  nelle
province  e  nelle  citta'  metropolitane  rivestono  negli  enti  di
provenienza  e  di  appartenenza  incarichi  che   gia'   godono   di
remunerazione. Il che, oltretutto, si manifesta di maggiore  evidenza
negativa sul piano del contenimento  della  spesa  all'interno  della
finanza pubblica quando si osservi che la legge  regionale  siciliana
ha aumentato  il  numero  dei  componenti  degli  organi  di  Governo
rispetto alla previsione della legge  statale.  Alla  moltiplicazione
dei  componenti  degli  organi  in   questione   dunque   segue   una
moltiplicazione dell'esborso pubblico. 
    La norma in rubrica pertanto e' costituzionalmente illegittima  e
va dichiarata tale. 
    4) Art. 7 della legge  della  Regione  Sicilia  n.  17/2017,  per
violazione dei principi di  cui  all'art.  1,  commi  19  e  seguenti
nonche' commi 58 e seguenti della legge  7  aprile  2014  n.  56,  in
relazione agli articoli 3 e 5 nonche' all'art.  117,  secondo  comma,
lettera p) della Costituzione nonche' agli articoli 14, 15 e 17 dello
Statuto regionale siciliano per contrasto con i principi e  le  norme
fondamentali di riforma economico sociale della Repubblica. 
    L'art. 7, commi 1 e 2, modifica gli articoli 1, comma 3, 7, comma
1, 14, 19 commi 1 e 2, e 51 della legge regionale n. 15/2015. 
    La predetta  disposizione  regionale  disciplina  in  materia  di
cessazione degli  organi  (comma  1)  degli  enti  di  area  vasta  e
congiuntamente   detta   disposizioni   in   materia   di    gestione
commissariale di tali enti (comma 2),  nelle  more  dell'insediamento
degli  organi  dei  liberi   Consorzi   comunali   e   delle   Citta'
metropolitane, eletti a suffragio universale  e  diretto  secondo  le
disposizioni degli articoli sopra denunciati. 
    La norma in commento, e' dunque  censurabile  in  correlazione  a
quanto sopra esplicitato e per le motivazioni  esposte  ai  superiori
punti 1. e 2. del presente atto perche' contrasta con i  commi  19  e
seguenti nonche' con i commi 58 e seguenti dell'art. 1 della legge n.
56/2014, eccedendo dalla  competenza  legislativa  riconosciuta  alla
Regione Sicilia dagli articoli 14, comma 1, lettera o) e  15  nonche'
17 dello Statuto speciale e violando il principio  di  ragionevolezza
uguaglianza e di unita' di cui agli articoli 3 e 5 della Costituzione
nonche' l'art. 117, comma 2, lettera p)  che  riserva  la  competenza
esclusiva allo Stato in materia di  «organi  di  Governo  e  funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane». 
    Per questi motivi le norme regionali censurate meritano di essere
dichiarate costituzionalmente  illegittime  ai  sensi  dell'art.  127
della Costituzione. 
    Le censure sopra illustrate dimostrano come  le  norme  regionali
denunciate, nel prevedere l'elezione diretta degli organi di  Governo
degli enti territoriali di area vasta, creano un'insanabile conflitto
con il  modello  statale  contemplato  dalla  legge  n.  56/2014.  Le
predette disposizioni, come detto, violano manifestamente le norme  e
i  principi  costituzionali  innanzi  citati  arrecando   un'evidente
frattura dell'omogeneita' politica,  economica  e  sociale  che  deve
essere assicurata su tutto il territorio nazionale. 
    L'esecuzione, anche parziale,  della  legge  regionale  impugnata
rischia dunque di arrecare irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento
giuridico  della  Repubblica,  oltre   che   all'interesse   pubblico
coinvolto. 
    In punto di periculum in mora si osserva, altresi', che il temuto
pregiudizio e' apprezzabile all'attualita' in tutta la sua gravita'. 
    Si e' appreso infatti, da notizie di stampa,  che  il  Presidente
della Regione siciliana ha nominato i commissari straordinari per  le
citta' metropolitane di Palermo, Catania e Messina, applicando quindi
la legge  regionale  n.  17/2017.  Sussiste,  pertanto,  una  lesione
permanente e  attuale  delle  norme  e  dei  principi  costituzionali
violati che e' suscettibile  di  ulteriore  aggravamento  qualora  la
legge impugnata fosse portata ad ulteriore esecuzione. 
    Alla  luce  delle  superiori  considerazioni,  si   ritiene   che
ricorrano  le  gravi  ragioni   che   giustificano   la   sospensione
dell'efficacia della legge regionale in esame, ai sensi dell'art.  35
della  legge  n.  87/1953,  cosi'  come  modificato  dalla  legge  n.
131/2003.